Dalla libertà di licenziare alla domenica lavorata senza maggiorazione dello stipendio.
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Bisogna individuare soluzioni innovative, senza preconcetti retropensieri o posizioni ideologiche.
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I Comuni chiedono di tenere sempre più aperti i negozi ma le piccole imprese non possono pagare tanti extra. Si chiede anche la fine del premio di produzione e incentivi solo ai migliori.
Le domeniche, giornate di lavoro ordinario senza nessuna maggiorazione. Flessibilità in entrata e in uscita che, tradotto, significa più facilità di assumere ma anche libertà di licenziare: per esempio chi non funziona. Fine del premio di produzione uguale per tutti ma incentivi solo ai migliori. Se si deve usare uno slogan: "flessibilità e meritocrazia". Una rivoluzione nel mondo del lavoro? Una spazzatrice che fa fuori contratti nazionali o statuto dei lavoratori? E' la modernità, bellezza, risponderebbe Confesercenti Firenze che esorta a "individuare soluzioni innovative, senza preconcetti, retropensieri o posizioni ideologiche".
Insieme all'apertura dei negozi del centro il Primo Maggio (già ottenuta quest'anno dal sindaco Renzi - nota blog), l'associazione "di sinistra" del commercio adesso fa nuove proposte dirompenti: per commercio, turismo, servizi. E' la modernità e la crisi, aggiungerebbe. "Le norme che valgono per la grande distribuzione e per le grandi imprese non funzionano per le piccole e medie che non ce la fanno", dice il presidente fiorentino Nico Gronchi, impegnato ieri in un convegno su "Lavoro, motore di sviluppo della piccola e media impresa", cui partecipano, tra gli altri, il direttore del settore mercato e lavoro del ministero, Paola Paduano, il vice presidente della commissione lavoro al senato, Treu, e il vicesindaco Nardella.
Valorizzare "il grande capitale personale e sociale", ridare passione al lavoro, reali pari opportunità alle donne, possibilità ai giovani, spinta allo sviluppo, dice Gronchi. Ma niente vincoli che impicchino le piccole imprese. "Le amministrazioni - spiega - chiedono sempre più di lavorare la domenica, di tenere aperti i negozi - spiega - Ma le piccole imprese non possono pagare tante maggiorazioni. Chiediamo che la domenica diventi normale giorno di lavoro compensato con un giorno di riposo durante la settimana a parità di retribuzione".
Secondo Confesercenti, fuori dal centro 22 domeniche aperte, come pare sarà l'accordo, sono anche troppe, ma nei centri turistici bisogna tenere sempre la saracinesca alzata. Soprattutto il Primo Maggio: "E' la giornata che ai nostri soci preme di più". Questione solo di sindaci: "Lo abbiamo chiesto per quattro anni. I primi due, il sindaco Domenici ci disse di no. Renzi ha subito detto di sì, l'anno scorso. Confidiamo che l'esperienza diventi stabile". Il Primo Maggio può essere pagato di più. Ma per il resto delle domeniche, "niente differenza tra lavoro ordinario e festivo. Come è normale lavorare nei bar, nei ristoranti, nella sanità, così deve essere anche nei negozi".
Confesercenti propone anche la sua personale battaglia al precariato: "Noi vogliamo assumere in modo meno macchinoso e meno costoso e intendiamo fare tutti contratti per il posto fisso, ma vogliamo anche poter licenziare liberamente", dice Gronchi che parla di "consentire all'imprenditore di allontanare il soggetto svogliato" o di licenziare per "motivi economici e organizzativi". Non importa se Nardella dice: "Attenzione. Siamo disponibili a ragionare sul tema della flessibilità. Ma per quella in uscita non esistono in questo paese le tutele, le regole, la formazione standard che ci sono negli altri paesi europei. Si rischia di passare dalla flessibilità alla precarietà".
A Gronchi preme evitare il giudice che infligga chi licenzia "oltre al danno la beffa", ovvero il reintegro del licenziato con relativi pagamento di tutti gli arretrati: va inserita nella questione la clausola del "giustificato motivo oggettivo" che salvi il datore di lavoro. Infine i famosi premi di produzione: mai più a tutti secondo parametri generali, dice Confesercenti, ma "incentivi solo a chi è bravo, collabora, contribuisce al buon andamento dell'azienda".
30 novembre 2010
Ilaria Ciuti
La Repubblica.it
Insieme all'apertura dei negozi del centro il Primo Maggio (già ottenuta quest'anno dal sindaco Renzi - nota blog), l'associazione "di sinistra" del commercio adesso fa nuove proposte dirompenti: per commercio, turismo, servizi. E' la modernità e la crisi, aggiungerebbe. "Le norme che valgono per la grande distribuzione e per le grandi imprese non funzionano per le piccole e medie che non ce la fanno", dice il presidente fiorentino Nico Gronchi, impegnato ieri in un convegno su "Lavoro, motore di sviluppo della piccola e media impresa", cui partecipano, tra gli altri, il direttore del settore mercato e lavoro del ministero, Paola Paduano, il vice presidente della commissione lavoro al senato, Treu, e il vicesindaco Nardella.
Valorizzare "il grande capitale personale e sociale", ridare passione al lavoro, reali pari opportunità alle donne, possibilità ai giovani, spinta allo sviluppo, dice Gronchi. Ma niente vincoli che impicchino le piccole imprese. "Le amministrazioni - spiega - chiedono sempre più di lavorare la domenica, di tenere aperti i negozi - spiega - Ma le piccole imprese non possono pagare tante maggiorazioni. Chiediamo che la domenica diventi normale giorno di lavoro compensato con un giorno di riposo durante la settimana a parità di retribuzione".
Secondo Confesercenti, fuori dal centro 22 domeniche aperte, come pare sarà l'accordo, sono anche troppe, ma nei centri turistici bisogna tenere sempre la saracinesca alzata. Soprattutto il Primo Maggio: "E' la giornata che ai nostri soci preme di più". Questione solo di sindaci: "Lo abbiamo chiesto per quattro anni. I primi due, il sindaco Domenici ci disse di no. Renzi ha subito detto di sì, l'anno scorso. Confidiamo che l'esperienza diventi stabile". Il Primo Maggio può essere pagato di più. Ma per il resto delle domeniche, "niente differenza tra lavoro ordinario e festivo. Come è normale lavorare nei bar, nei ristoranti, nella sanità, così deve essere anche nei negozi".
Confesercenti propone anche la sua personale battaglia al precariato: "Noi vogliamo assumere in modo meno macchinoso e meno costoso e intendiamo fare tutti contratti per il posto fisso, ma vogliamo anche poter licenziare liberamente", dice Gronchi che parla di "consentire all'imprenditore di allontanare il soggetto svogliato" o di licenziare per "motivi economici e organizzativi". Non importa se Nardella dice: "Attenzione. Siamo disponibili a ragionare sul tema della flessibilità. Ma per quella in uscita non esistono in questo paese le tutele, le regole, la formazione standard che ci sono negli altri paesi europei. Si rischia di passare dalla flessibilità alla precarietà".
A Gronchi preme evitare il giudice che infligga chi licenzia "oltre al danno la beffa", ovvero il reintegro del licenziato con relativi pagamento di tutti gli arretrati: va inserita nella questione la clausola del "giustificato motivo oggettivo" che salvi il datore di lavoro. Infine i famosi premi di produzione: mai più a tutti secondo parametri generali, dice Confesercenti, ma "incentivi solo a chi è bravo, collabora, contribuisce al buon andamento dell'azienda".
30 novembre 2010
Ilaria Ciuti
La Repubblica.it
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