Quella che segue è la parte conclusiva dell'intervista a Mario Frau, autore del libro La Coop non sei tu, realizzata dal Blog Lavoratori Unicoop
Prima parte dell'intervista
BLOG
Siamo testimoni diretti dei rapporti pacifici e accomodanti tra Coop e sindacati confederali (in special modo con Cgil-Filcams, gli altri fanno numero) a volte fin troppo accondiscendenti, se non complici, verso decisioni aziendali discutibili. Sul libro lei scrive invece di una Cgil non proprio allineata ai voleri di Novacoop, tanto che Gillone pensò di dare priorità al rapporto con Cisl e Uil sperando così di scavalcare il problema, ma in realtà acuendo la conflittualità interna. Le risulta che le cose siano poi mutate? E' a conoscenza di delegati che poi hanno fatto carriera in Novacoop? Che lei sappia, esistono sindacati di base in Novacoop?
M. F.
Non mi risulta che in Novaccop esista una presenza significativa dei sindacati di base. Per quanto riguarda l'esperienza che fu fatta agli inizi degli anni '90 in Novacoop di dare agibilità di spazio a Cisl e Uil in funzione anti-Cgil, si è trattato di un episodio limitato che non ha prodotto alcun risultato degno di nota. La strategia della nuova Direzione del personale mi pare sia quella di sviluppare rapporti diretti con i soci e con i dipendenti con l'obiettivo di ridurre il peso del sindacato.
BLOG
Lei in sostanza descrive le strutture dirigenziali della Coop come vere oligarchie, se non monarchie, o gerontocrazie, dominate dal cinismo e dalle lotte di potere. Speculazione edilizia, attaccamento alle poltrone, stipendi faraonici, uso indiscriminato del outsourcing, corsie privilegiate per le concessioni commerciali con giunte amiche, dipendenti spiati e mobbizzati. Inoltre i soci non contano niente nelle assemblee, non hanno quasi mai il beneficio del ristorno e percepiscono remunerazioni risibili sui libretti, nel caso essi siano anche soci prestatori. Tutto questo senza avere la garanzia dei conti correnti bancari. Come spiega allora, oggi che il muro di Berlino è crollato da 21 anni, questa anacronistica fidelizzazione di tipo ideologico del sociocliente?
M. F.
C'è innanzitutto da evidenziare che in molti territori i soci non hanno alternative perché l'unica insegna presente è la Coop. Spesso in alcune realtà c'è solo il supermercato o l'ipermercato Coop, a parte qualche piccolo concorrente che non fa ombra. Dove la presenza Coop è massiccia e dominante, i consumatori non hanno possibilità di scelta. In altre realtà esiste ancora il socio ideologizzato che sceglie la Coop per partito preso. La tessera sociocoop con la quale si può pagare la spesa è un formidabile strumento di fidelizzazione. Inoltre il socio, rispetto ad altri investimenti finanziari, ha molti vantaggi: tassazione ridotta (20% anziché 27%), assenza di costi di gestione, comodità. E' anche vero che trattandosi di un prestito che comporta dei rischi, la remunerazione dovrebbe essere più alta (ma questo andrebbe a discapito del conto economico della cooperativa). Non c'è dubbio che Coop ha un suo know how in materia di fidelizzazione del cliente che altre catene non possono copiare. Ciò per Coop rappresenta un vantaggio competitivo rispetto ai propri concorrenti.
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BLOG
A pagina 309 lei scrive: "E' degno di nota il fatto che quel misero 1,43% di margine operativo (bilancio Novacoop 2008 - nota blog) risulta drogato da cospicui «contributi di entrata» (una vera e propria tangente legalizzata) erogati dai fornitori per entrare con i loro prodotti all'interno dei nuovi ipermercati [...]". Può spiegare meglio questo concetto di contributo, parola che anche in Unicoop Firenze abbiamo sentito pronunciare sovente?
M. F.
La questione è molto semplice: quando si apre un grande ipermercato, si creano occasioni di business anche per i produttori e fornitori. In Coop si chiede di pagare il pedaggio per poter entrare nell'elenco dei fornitori mediante un contributo una tantum da pagarsi generalmente al momento dell'apertura del nuovo punto di vendita. E' un contributo che per quelle cooperative che realizzano nuove aperture consente di corroborare i magri margini della gestione caratteristica. Non sempre i fornitori sono così felici e contenti di essere spremuti per poter lavorare (perché di questo di tratta).
BLOG
L'attualità del mondo del lavoro ci pone di fronte a dinamiche regressive in fatto di diritti e tutele. Senza addentrarci nel Marchionne pensiero, che paventiamo possa essere emulato anche dalle Coop, il problema dei diritti sindacali primari in Coop rimane principalmente connesso alla gestione dell'appalto della logistica e dei magazzini. Testimonianze sempre più numerose ci parlano delle cooperative sociali che hanno in gestione questi appalti, come un agglomerato nefasto di negazione di diritti e di tutele, di sopraffazione nei confronti dei soci-lavoratori e che talvolta risultano infiltrate dalla malavita organizzata. Non potrebbe essere l'inizio di una rinnovata rinascita di valori se le Coop (o Conad) imponessero rapporti di lavoro improntati a rispetto dei contratti, dei diritti sindacali e dell'applicazione delle norme di sicurezza nei confronti della cooperativa appaltatrice?
M. F.
Tutte le nove sorelle a marchio Coop hanno margini operativi piuttosto risicati. Per poter competere hanno la necessità di comprimere il costo del lavoro. Il ricorso al outsourcing è una delle strade spesso praticate. Spesso subappaltano interi pezzi del ciclo produttivo e cooperative spurie (sono il moderno caporalato), dove i costi vengo sì ridotti, ma a scapito dei lavoratori che subiscono turni massacranti, non hanno diritti sindacali e percepiscono stipendi da fame. Sono lavoratori di serie B. Occorre a mio avviso porre un freno alle esternalizzazioni e, quando si fanno, occorre sottoscrivere un accordo sindacale che sotto il profilo etico, salariale e di diritti non crei lavoratori di serie B.
BLOG
Nel suo libro c'è un'ampia panoramica dei brutti vizi delle Coop, dell'immeritata fama di azienda ai problemi sociali e alla solidarietà, tranne poi adottare tutt'altri comportamenti appena voltato l'angolo. La parte del leone la fa ovviamente Novacoop, la realtà da cui lei proviene e che conosce meglio. Se dovessimo assegnare il premio ipocrisia a punti, ovviamente quest'ultima vincerebbe. Ma da un punto di vista meramente qualitativo, se così si può dire, Unicoop Firenze con la vicenda nota come i ladri di merende e Coop Lombardia col grande fratello, hanno una marcia in più. Però il premio per il comportamento più disgustoso e ributtante lo vince a pieno titolo, secondo il nostro parere, la Coop Centro Italia del presidente Giorgio Raggi, con la vicenda della zona in località Sant'Antonio su cui doveva nascere l'Ipercoop, poi destinata dal comune de L'Aquila alla Protezione Civile in seguito al sisma dell'aprile 2009 e il successivo ricatto della Coop di chiudere i tre supermercati presenti nella zona mettendo in mobilità i 90 dipendenti, se non fosse stata concessa l'area per l'Ipercoop. Lei ricostruisce perfettamente la vicenda nel capitolo intitolato "[...] lavoratori usati come «scudi umani»." Non trova che tra quelle che racconta, sia la vicenda più raccapricciante e più geneticamente modificata? A noi ha fatto pensare a quegli imprenditori che la notte del terremoto se la ridevano al telefono. Con la differenza che loro sono stati giustamente sputtanati in mondovisione.
M. F.
Ritengo che le tre vicende narrate siano parimenti raccapriccianti, ma la vicende dei lavoratori Coop de L'Aquila, usati come scudi umani, sia indubbiamente quella più censurabile dal punto di vista etico e della responsabilità sociale.
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BLOG
Come sta andando il libro? Abbiamo l'impressione che vada oltre le aspettative dell'editore. Quali sono le reazioni che provengono dagli ambienti delle Coop, se ve ne sono?
M. F.
Il libro ha suscitato un interesse che non mi sarei aspettato. Ho ricevuto tante attestazioni di apprezzamento e di stima, anche da parte di ex colleghi Coop. Qualcuno ha fatto anche qualche rilievo ritenendolo eccessivamente critico. Lo scopo del libro non era quello di gettare fango, ma di denunciare le degenerazioni e, nello stesso tempo, avanzare qualche modestissima proposta per recuperare almeno in parte i valori solidaristici e mutualistici originali.
Leggi la prima parte dell'intervista
11 settembre 2010
(2- Fine)
M. F.
Non mi risulta che in Novaccop esista una presenza significativa dei sindacati di base. Per quanto riguarda l'esperienza che fu fatta agli inizi degli anni '90 in Novacoop di dare agibilità di spazio a Cisl e Uil in funzione anti-Cgil, si è trattato di un episodio limitato che non ha prodotto alcun risultato degno di nota. La strategia della nuova Direzione del personale mi pare sia quella di sviluppare rapporti diretti con i soci e con i dipendenti con l'obiettivo di ridurre il peso del sindacato.
BLOG
Lei in sostanza descrive le strutture dirigenziali della Coop come vere oligarchie, se non monarchie, o gerontocrazie, dominate dal cinismo e dalle lotte di potere. Speculazione edilizia, attaccamento alle poltrone, stipendi faraonici, uso indiscriminato del outsourcing, corsie privilegiate per le concessioni commerciali con giunte amiche, dipendenti spiati e mobbizzati. Inoltre i soci non contano niente nelle assemblee, non hanno quasi mai il beneficio del ristorno e percepiscono remunerazioni risibili sui libretti, nel caso essi siano anche soci prestatori. Tutto questo senza avere la garanzia dei conti correnti bancari. Come spiega allora, oggi che il muro di Berlino è crollato da 21 anni, questa anacronistica fidelizzazione di tipo ideologico del sociocliente?
M. F.
C'è innanzitutto da evidenziare che in molti territori i soci non hanno alternative perché l'unica insegna presente è la Coop. Spesso in alcune realtà c'è solo il supermercato o l'ipermercato Coop, a parte qualche piccolo concorrente che non fa ombra. Dove la presenza Coop è massiccia e dominante, i consumatori non hanno possibilità di scelta. In altre realtà esiste ancora il socio ideologizzato che sceglie la Coop per partito preso. La tessera sociocoop con la quale si può pagare la spesa è un formidabile strumento di fidelizzazione. Inoltre il socio, rispetto ad altri investimenti finanziari, ha molti vantaggi: tassazione ridotta (20% anziché 27%), assenza di costi di gestione, comodità. E' anche vero che trattandosi di un prestito che comporta dei rischi, la remunerazione dovrebbe essere più alta (ma questo andrebbe a discapito del conto economico della cooperativa). Non c'è dubbio che Coop ha un suo know how in materia di fidelizzazione del cliente che altre catene non possono copiare. Ciò per Coop rappresenta un vantaggio competitivo rispetto ai propri concorrenti.
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A pagina 309 lei scrive: "E' degno di nota il fatto che quel misero 1,43% di margine operativo (bilancio Novacoop 2008 - nota blog) risulta drogato da cospicui «contributi di entrata» (una vera e propria tangente legalizzata) erogati dai fornitori per entrare con i loro prodotti all'interno dei nuovi ipermercati [...]". Può spiegare meglio questo concetto di contributo, parola che anche in Unicoop Firenze abbiamo sentito pronunciare sovente?
M. F.
La questione è molto semplice: quando si apre un grande ipermercato, si creano occasioni di business anche per i produttori e fornitori. In Coop si chiede di pagare il pedaggio per poter entrare nell'elenco dei fornitori mediante un contributo una tantum da pagarsi generalmente al momento dell'apertura del nuovo punto di vendita. E' un contributo che per quelle cooperative che realizzano nuove aperture consente di corroborare i magri margini della gestione caratteristica. Non sempre i fornitori sono così felici e contenti di essere spremuti per poter lavorare (perché di questo di tratta).
BLOG
L'attualità del mondo del lavoro ci pone di fronte a dinamiche regressive in fatto di diritti e tutele. Senza addentrarci nel Marchionne pensiero, che paventiamo possa essere emulato anche dalle Coop, il problema dei diritti sindacali primari in Coop rimane principalmente connesso alla gestione dell'appalto della logistica e dei magazzini. Testimonianze sempre più numerose ci parlano delle cooperative sociali che hanno in gestione questi appalti, come un agglomerato nefasto di negazione di diritti e di tutele, di sopraffazione nei confronti dei soci-lavoratori e che talvolta risultano infiltrate dalla malavita organizzata. Non potrebbe essere l'inizio di una rinnovata rinascita di valori se le Coop (o Conad) imponessero rapporti di lavoro improntati a rispetto dei contratti, dei diritti sindacali e dell'applicazione delle norme di sicurezza nei confronti della cooperativa appaltatrice?
M. F.
Tutte le nove sorelle a marchio Coop hanno margini operativi piuttosto risicati. Per poter competere hanno la necessità di comprimere il costo del lavoro. Il ricorso al outsourcing è una delle strade spesso praticate. Spesso subappaltano interi pezzi del ciclo produttivo e cooperative spurie (sono il moderno caporalato), dove i costi vengo sì ridotti, ma a scapito dei lavoratori che subiscono turni massacranti, non hanno diritti sindacali e percepiscono stipendi da fame. Sono lavoratori di serie B. Occorre a mio avviso porre un freno alle esternalizzazioni e, quando si fanno, occorre sottoscrivere un accordo sindacale che sotto il profilo etico, salariale e di diritti non crei lavoratori di serie B.
BLOG
Nel suo libro c'è un'ampia panoramica dei brutti vizi delle Coop, dell'immeritata fama di azienda ai problemi sociali e alla solidarietà, tranne poi adottare tutt'altri comportamenti appena voltato l'angolo. La parte del leone la fa ovviamente Novacoop, la realtà da cui lei proviene e che conosce meglio. Se dovessimo assegnare il premio ipocrisia a punti, ovviamente quest'ultima vincerebbe. Ma da un punto di vista meramente qualitativo, se così si può dire, Unicoop Firenze con la vicenda nota come i ladri di merende e Coop Lombardia col grande fratello, hanno una marcia in più. Però il premio per il comportamento più disgustoso e ributtante lo vince a pieno titolo, secondo il nostro parere, la Coop Centro Italia del presidente Giorgio Raggi, con la vicenda della zona in località Sant'Antonio su cui doveva nascere l'Ipercoop, poi destinata dal comune de L'Aquila alla Protezione Civile in seguito al sisma dell'aprile 2009 e il successivo ricatto della Coop di chiudere i tre supermercati presenti nella zona mettendo in mobilità i 90 dipendenti, se non fosse stata concessa l'area per l'Ipercoop. Lei ricostruisce perfettamente la vicenda nel capitolo intitolato "[...] lavoratori usati come «scudi umani»." Non trova che tra quelle che racconta, sia la vicenda più raccapricciante e più geneticamente modificata? A noi ha fatto pensare a quegli imprenditori che la notte del terremoto se la ridevano al telefono. Con la differenza che loro sono stati giustamente sputtanati in mondovisione.
M. F.
Ritengo che le tre vicende narrate siano parimenti raccapriccianti, ma la vicende dei lavoratori Coop de L'Aquila, usati come scudi umani, sia indubbiamente quella più censurabile dal punto di vista etico e della responsabilità sociale.
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BLOG
Come sta andando il libro? Abbiamo l'impressione che vada oltre le aspettative dell'editore. Quali sono le reazioni che provengono dagli ambienti delle Coop, se ve ne sono?
M. F.
Il libro ha suscitato un interesse che non mi sarei aspettato. Ho ricevuto tante attestazioni di apprezzamento e di stima, anche da parte di ex colleghi Coop. Qualcuno ha fatto anche qualche rilievo ritenendolo eccessivamente critico. Lo scopo del libro non era quello di gettare fango, ma di denunciare le degenerazioni e, nello stesso tempo, avanzare qualche modestissima proposta per recuperare almeno in parte i valori solidaristici e mutualistici originali.
Leggi la prima parte dell'intervista
11 settembre 2010
(2- Fine)
2 commenti:
Un libro importante, che mostra il re nudo. Speriamo che la gente si svegli e veda le cose come stanno: la Coop è un'azienda come esseluga carrefour ecc. Anzi a volte fa peggio, nonostante i vantaggi fiscali e i miliardi dei soci.
Speriamo che non rimanga un gesto isolato e che altri abbiano il coraggio di raccontare la realtà Coop così come ha fatto Frau.
Lo sto leggendo, ci sono parti che portano a riflettere altre più noiose. Ma pare interessante per capire di che paqsta sono fatti i dirigenti.
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