01 giugno 2011

UNICOOP TIRRENO IN CRISI? PAROLA AI LAVORATORI

Dopo le notizie preoccupanti uscite ieri sul Tirreno riguardo al mondo Coop, abbiamo contattato un delegato Rsu dell’Ipercoop di Livorno per saperne di più e soprattutto per conoscere la visuale di chi in Coop ci lavora e fa sindacato. Ecco cosa ha risposto alle nostre domande.


Partiamo dalla notizia uscita sulla stampa del possibile inglobamento di Unicoop Tirreno da parte di Unicoop Firenze, cosa ne pensi?

E’ una prospettiva di cui noi sentiamo parlare da tanto tempo, ma che poi non si è mai concretizzata. Credo che una fusione di quel tipo porterebbe con sé tanti problemi, soprattutto sul piano finanziario e delle poltrone ai vertici. Non mi sorprende infatti che Unicoop Tirreno per ora smentisca, pur confermando delle collaborazioni con Firenze come per l’operazione Nuovo Centro qui a Livorno.

Cosa cambierebbe per voi lavoratori con una eventuale fusione?

Non si può sapere con certezza, di certo se le avvisaglie sono quelle che stiamo vivendo adesso non c’è da stare sereni.

Ti riferisci agli esuberi annunciati dal Direttore del Personale Palmerio?

Sì ma non solo. Quegli esuberi altro non sono che il frutto di scelte sbagliate dell’azienda, e infatti Palmerio lo dice chiaramente quando parla di sede centrale di Vignale Riotorto troppo gonfiata in passato. E come sempre succede, quando un’azienda fa degli errori poi rimedia scaricando tutto sui soggetti più deboli, che nel nostro caso sono i precari e i lavoratori part-time. E’ come se dicessero “sì abbiamo commesso tanti errori ma ora li pagate voi ultime ruote del carro”.

Palmerio parla anche della necessità di passare ad una organizzazione del lavoro più flessibile, cosa intende?

Il legame fra la crisi aziendale e questo aspetto ci fa riflettere, ma non ci sorprende. E’ frequente purtroppo che un’azienda approfitti in un certo senso di un suo momento di difficoltà per far passare condizioni peggiori per i lavoratori. In quell’intervista Palmerio fa riferimento in particolare a due elementi: i turni di lavoro spezzati e la pluralità di mansioni. Due questioni molto delicate e che messe come le pone lui sembrerebbero anche dargli ragione, mentre ragione non ce l’ha affatto.

Allora spiegaci.

Innanzitutto il turno di lavoro spezzato che loro richiedono non è quello tipico da ufficio per intendersi, ma prevede quasi sempre un turno mattutino e un rientro serale fino a chiusura. In altri termini si parla di una disponibilità di tutta la giornata, che viene chiesta a lavoratori part-time che alla fine del mese mettono insieme appena 700-800 euro, e che in questo modo vedono tra l’altro messa a rischio la possibilità di svolgere altre attività lavorative per arrotondare il salario. Ma il problema non riguarda solo i part-time, ci sono anche tanti pendolari (sia part-time che full-time) che tutti i giorni dal lunedì alla domenica compresa devono fare molta strada per venire al lavoro e che con turni di quel tipo si trovano costretti a fare due volte in su e in giù con notevole dispendio di benzina, oppure a rimanere nell’ipermercato praticamente tutto il giorno senza neanche un misero buono pasto. Perché infatti c’è da aggiungere anche questo aspetto non da poco, l’azienda parla tranquillamente di aumentare i turni di lavoro spezzati ma allo stesso tempo non si adopera minimamente per munirsi di strutture e istituti per sostenere chi svolge questi turni lunghi. Nelle fabbriche e in tanti luoghi di lavoro ci sono le mense, nel nostro ipermercato (che per numero di lavoratori è equiparabile a una fabbrica) non ci spetta neanche un pezzetto di schiacciata quando rimaniamo al lavoro mattina e pomeriggio. Ed è così in tutti i negozi Coop, non solo nel nostro iper.

Passiamo all’argomento mansioni.

Anche qui Palmerio parla con una leggerezza inaudita. Leggo testualmente: “il personale deve essere disponibile a svolgere più mansioni, una cassiera ad esempio non può pensare di rimanere fissa alla barriera casse”. Palmerio dovrebbe sapere che c’è un Contratto collettivo nazionale di riferimento che individua le diverse mansioni, i rispettivi inquadramenti e i rispettivi salari. Lo so che per lui sarebbe tanto più bello se tutti i lavoratori con l’inquadramento più basso possibile sapessero svolgere tutte le mansioni. Un dipendente che sa stare in cassa, sa fare il gelato, sa fare il pane, sa cucinare, sa affettare il prosciutto, sa sfilettare il pesce, e fa tutto questo con l’inquadramento di addetto generico è il sogno di ogni azienda. Ma non funziona così. Da anni infatti siamo in lotta per il riconoscimento delle professionalità dei tantissimi lavoratori e lavoratrici che mandano avanti l’ipermercato, che sono previste dal Ccnl ma che l’azienda non è intenzionata a rispettare.

Nel passaggio finale Palmerio comunque annuncia che l’intenzione è quella di aumentare l’occupazione incrementando l’orario ai part-time.

Anche questo purtroppo è un imbroglio. Aumentare l’occupazione non è una cosa che puoi fare solo a parole, ma deve avere riscontro nei numeri. Esiste un aspetto quantitativo e uno qualitativo riguardo all’occupazione. Su quello quantitativo è presto detto: il trend delle ore di lavoro negli ultimi anni è stato di una diminuzione netta e pesante. Solo in questo 2011 perderemo circa 30mila ore di lavoro rispetto al 2010. Per me l’occupazione è questo: numeri, non parole. E i numeri dicono che nel nostro ipermercato si lavora sempre meno perché l’azienda fissa ogni anno obiettivi di produttività sempre più alti. Sul piano qualitativo poi non ne parliamo, visto che come ho spiegato sopra il tasso di instabilità e atipicità è sempre molto elevato.

Nell’ultima frase Palmerio parla anche di eliminare gli stagionali, di chi si tratta?

Questa parte mi ha inquietato più di tutte le altre. Coloro che in quell’articolo vengono definiti “stagionali” sono in realtà dipendenti che lavorano con noi da tanti anni (alcune anche dal 2003) e per 10-11 mesi all’anno, quindi non solo per le stagioni. Il fatto che venga annunciato senza troppi giri di parole che verranno “eliminati” fa rabbrividire, perché queste non sono scarpe vecchie ma persone che non possono essere mandate in mezzo alla strada così dall’oggi al domani. Spero che Palmerio intendesse solo che per il futuro eviteranno di creare nuovi precari (cosa che ci vedrebbe d’accordo), ma non che hanno intenzione di fare fuori chi ormai da tanto tempo aspetta una stabilizzazione. La cosa più squallida è che vengono messe contro tra loro le due categorie più deboli, i precari e i part-time, sostenendo che per aumentare le ore ai secondi devono essere tagliati i primi. La verità è che ci sarebbero stati gli spazi per tutti, e lo abbiamo dimostrato in numerosi incontri con l’azienda. Vanamente.

Palmerio sostiene che devono stare al passo con la competitività di altre aziende.

E’ la solita filastrocca che sentiamo da tanto tempo: “Non siamo come gli altri ma per stare sul mercato dobbiamo fare come gli altri”. Parole che non ci hanno mai convinto e mai ci convinceranno.

In conclusione, possiamo dire che c’è una Coop in crisi e i suoi lavoratori in guerra?

No, possiamo dire che i lavoratori Coop hanno tutto l’interesse che l’azienda navighi in acque sicure e superi le sue difficoltà, ma questo non può significare che a pagare con gli sforzi maggiori siano sempre le parti più deboli. Per noi questo significa che l’azienda ricerchi ricette e soluzioni insieme ai lavoratori e a chi li rappresenta, ma purtroppo troviamo sempre di fronte un muro insormontabile che ci costringe ad azioni di lotta come le ultime che abbiamo intrapreso.


1 giugno 2011

red

Senza Soste.it


1 commento:

ZANARDI ha detto...

TUTTO MOLTO CHIARO, AHIME'. COMUNQUE COMPLIMENTI AL DELEGATO CHE PARE AVERE UNA VISIONE D'INSIEME MOLTO COMPLETA E SA LEGGERE ANCHE FRA LE RIGHE DELLE DICHIARAZIONI DELLA DIREZIONE. AVERCENE COME LUI...