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Significativo il presidio di Baia Verde a Castel Volturno, dove due anni fa dopo un concerto morì Miriam Makeba.
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Domani un corteo contro il razzismo e lo sfruttamento.
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Erano le rotonde dei kalifoo. Sono diventate le rotonde del riscatto. Mille e cinquecento lavoratori nella giornata ieri hanno occupato le kalifoo - round, le "rotonde degli schiavi".
Kalifoo è il termine con il quale gli immigrati vengono etichettati in Libia durante il loro soggiorno di transito verso l'Italia (significa "schiavo a giornata") ed è l'etichetta, provocatoria, scelta ieri da chi, tra Napoli e Caserta, è sceso in strada e ha manifestato contro il lavoro nero, la clandestinità, le nuove schiavitù.
Kalifoo è il termine con il quale gli immigrati vengono etichettati in Libia durante il loro soggiorno di transito verso l'Italia (significa "schiavo a giornata") ed è l'etichetta, provocatoria, scelta ieri da chi, tra Napoli e Caserta, è sceso in strada e ha manifestato contro il lavoro nero, la clandestinità, le nuove schiavitù.
Ieri si è fermato il mercato delle braccia in Campania. Mille e cinquecento migranti costretti a lavorare in nero, principalmente nell'edilizia e nell'agricoltura, con paghe sempre più basse (ormai anche sotto i 20 euro a giornata) e condizioni di sicurezza inesistenti, si sono fermati. Ma non solo. Sono andati alle rotonde, le stesse dove ogni giorno aspettano "caporali" e padroncini per strappare una giornata di lavoro e hanno alzato un cartello: "Oggi non lavoro", scritto in italiano, inglese e francese, "la mia giornata vale 50 euro".
Uno sciopero dei non assunti, di chi non ha mai avuto il contratto. Uno sciopero di uomini e donne che ogni giorno accettano qualsiasi lavoro, a qualsiasi prezzo, senza nessuna garanzie, perché non hanno il permesso di soggiorno, perché la loro regola è la clandestinità, non per scelta, ma per bisogno.
"Io faccio il bracciante, il facchino, il muratore. Anche per 10 euro all'ora - spiega Benjamin, del Togo, alla rotonda di Licola - Oggi però manifesto, perché voglio un permesso di soggiorno, perché non voglio più lavorare a nero, perché non sono uno schiavo. I "50 euro" del cartello sono solo una provocazione. la gente come me, ahimè non ha prezzo, accettiamo tutti i lavori. Ma ho anche una dignità".
Uno sciopero dei non assunti, di chi non ha mai avuto il contratto. Uno sciopero di uomini e donne che ogni giorno accettano qualsiasi lavoro, a qualsiasi prezzo, senza nessuna garanzie, perché non hanno il permesso di soggiorno, perché la loro regola è la clandestinità, non per scelta, ma per bisogno.
"Io faccio il bracciante, il facchino, il muratore. Anche per 10 euro all'ora - spiega Benjamin, del Togo, alla rotonda di Licola - Oggi però manifesto, perché voglio un permesso di soggiorno, perché non voglio più lavorare a nero, perché non sono uno schiavo. I "50 euro" del cartello sono solo una provocazione. la gente come me, ahimè non ha prezzo, accettiamo tutti i lavori. Ma ho anche una dignità".
Il video
La protesta a Licola
Villa Literno
9 ottobre 2010
Patrizia Capua - Cristina Zagaria
La Repubblica.it
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