06 giugno 2011

BILANCIO UNICOOP FIRENZE 2010 IN LINEA CON LO SCORSO ANNO. LE INCERTEZZE SUL FUTURO



Bilancio positivo, ma resta il
buco su MPS

L'abbandono del format Iper e l'incertezza sulle strategie future delle cooperativa





Unicoop Firenze presenta il bilancio 2010 che è praticamente una fotocopia di quello dello scorso anno. L'utile d'esercizio è praticamente lo stesso a 29,4 milioni, il prestito sociale al 31/12 scorso era di oltre 2,8 miliardi, in leggera crescita (+0,96% sul 2009) e i soci prestatori erano a fine dicembre 255.292 (+1%).

Rimane la voragine determinata dalla partecipazione del 3% di Unicoop in Monte dei Paschi. Nel bilancio 2008 le azioni furono svalutate a 1,5 euro, portando la perdita a 189 milioni e il primo bilancio in rosso nella storia di Unicoop. Il titolo MPS al 31 dicembre scorso valeva 0,851 euro, porterebbe così un'ulteriore minusvalenza potenziale di oltre 120 milioni circa, che polverizzerebbe l'utile d'esercizio.

Ora ci avviciniamo all'aumento di capitale di Monte Paschi ed è presumibile che Unicoop Firenze che sta nel patto di minoranza con Caltagirone e Gorgoni, vi aderisca. Il presidente Turiddo Campaini ha sempre parlato infatti di investimento strategico e non avrebbe molto senso diluire le quote.
L'esercizio dei diritti in funzione dell'adesione porterà quindi un eventuale esborso di 60 milioni circa per Unicoop.

Intanto la cooperativa fiorentina sta rivedendo l'assetto dei negozi, con il definitivo abbandono del format iper. Le voci che davano per imminente la fusione per incorporazione con Unicoop Tirreno si allontanano. La Coop presieduta da Lami ritiene non conveniente un matrimonio mentre attraversa un periodo di difficoltà così marcato, che la metterebbe senz'altro in subordine. D'altra parte, dopo tre bilanci negativi, ci si chiede cosa possa succedere per riequilibrare i conti della ex Toscana-Lazio e più che altro in quali tempi. Una fusione abbatterebbe certamente i costi e renderebbe le due cooperative più competitive, il che non sarebbe affatto male. Certamente un pò di sfoltimento nelle alte sfere andrebbe fatto e forse anche questo ostacola l'operazione.

Un'ultima considerazione riguarda proprio il futuro delle Coop della GDO. I margini di profitto nell'attività caratteristica si assottigliano sempre di più e, se come pare con la retromarcia sugli iper, reggere il passo con la concorrenza diventa ancora più arduo, non resta che diversificare. Pare chiaro che uscire dal format degli iper è un'ammissione di un grave errore frutto di incompetenza, per il quale presumiamo che nessun dirigente ne risponderà.

Si cerca così di recuperare profitto con gli affitti delle superfici dismesse dagli iper trasformandole in fondi. Però non basta. Crediamo che se non si è stati competitivi su alcune tipologie di prodotti tanto da uscirne, Unicoop debba necessariamente guardare con più attenzione altrove. Ad esempio al grande bacino dei soci e alla fiducia che dimostrano verso Coop, a giudicare dall'enorme quantità di denaro che riversano sui libretti. I servizi di tipo finanziario andrebbero potenziati, seguendo l'esempio di Coop Adriatica.

Inoltre, non sarebbe sbagliato cominciare a pensare a servizi sociali come quelli di assistenza agli anziani (tipologia di socio Coop assai diffusa), compreso anche un servizio di spesa a domicilio, come già effettua la concorrente Esselunga, che data la vocazione sociale di Unicoop non si capisce perché non sia stato ancora messo in piedi. O non siamo competitivi neppure lì?

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi sembra che i guai di UniFi in MPS concomitanti con la crisi del Consorzio Etruria, non possano in alcun modo far pronistacare la fusione con Unitirreno. Quest'ultima, in fondo, se riesce a lasciare la Campania, o almeno a chiudere Benevento e vendere afragola, ha risolto il 90% dei suoi problemi, o forse il 95%.

Anonimo ha detto...

La crisi di unicoop tirreno è assai più grave di quello che dicono i bilanci, che lasciano il tempo che trovano. Non è solo la questione della Campania, ma gli almeno 80 esuberi annunciati, i risicati margini sull'attività caratteristica. Le coop della distribuzione sono in difficoltà e la Tirreno è tra le più fragili. La fusione tra queste realtà, con un dovuto repulisti manageriale che privilegi la competenze, sempre più latitanti è uno dei passaggi inevitabili verso il risanamento.