Magari lo hanno ammazzato per tutt’altro motivo o hanno sbagliato persona, ma Pasquale Maglione, l’avvocato 55enne freddato con quattro colpi di semiautomatica 7.65 davanti a casa a Rodano la sera del 16 luglio scorso è stato ucciso con modalità da commando mafioso, due uomini in moto che lo hanno probabilmente chiamato per nome e dopo aver sparato sono fuggiti senza lasciare tracce, e ora c’è chi rivela che, con i suoi incarichi, poteva dare molto fastidio alle cooperative che forniscono manodopera nelle logistiche.
«La Dhl gli aveva affidato il compito di mettere ordine nella “jungla” del settore - ricorda il segretario provinciale della Filt Cgil di Lodi Guido Scarpino -: noi sindacalisti sapevamo che doveva promuovere un accordo per la qualità del lavoro. Che, quindi, sarebbe costato di più alle cooperative. Per come ho visto io quel fatto, ho avuto l’impressione che fosse stata un’esecuzione plateale fatta per dare un segnale».
Maglione aveva condotto anche le trattative per le vertenze dei lavoratori di Brembio e Cerro. Ancora presto per dire con certezza che l'omicidio Maglione è stato un omicidio di mafia frutto della penetrazione criminale nel settore delle cooperative di lavoro. Ma adesso a dire che «lo scenario è agghiacciante», per usare le parole di Scarpino, c’è anche il procuratore aggiunto della Dda di Milano Ilda Boccassini, che nel presentare ieri alla stampa l’operazione Redux, 35 arresti contro la ‘ndrangheta in Lombardia, ha riferito che la Tnt è stata “aggredita” da malavitosi che hanno imposto le loro “cooperative” al colosso della logistica.
«La nostra impressione di sindacalisti è che con queste cooperative si ricicla denaro sporco - prosegue Scarpino - non nel Lodigiano, ma nemmeno troppo lontano, abbiamo incontrato lavoratori che venivano incaricati di cambiare assegni sui propri conti personali e restituire il contante alla cooperativa, “lavati”. Ci sono poi tante aziende committenti che utilizzano i consorzi di coop come “cassaforte”: da dove arriva tanta liquidità?». Secondo Scarpino, «il Lodigiano è ad alto rischio. Gestire con una cooperativa il movimento delle merci significa avere il controllo sulle aziende, sapere cosa acquistano e movimentano, se vanno bene o male, e disporre di una rete, logistica, che può essere usata anche per trafficare in stupefacenti.
E tutto si basa sullo sfruttamento dei lavoratori immigrati, che con la cooperativa hanno un contratto a tempo indeterminato e che in realtà sono costretti ad accettare buste paga magre e il resto del compenso in nero. Queste non sono più le vere cooperative in cui il socio partecipava agli utili: è capitalismo selvaggio. Molto meglio chiuderle e trasformarle in srl: almeno così dovrebbero applicare i contratti di lavoro».
Anche Fulvio Di Giorgio, segretario Si Cobas, da tempo lancia l’allarme per evidenti infiltrazioni del crimine organizzato nelle cooperative di lavoro: «Gira gente brutta nei poli logistici. Con le coop presso le logistiche girano tanti soldi: ho visto lavoratori pagati in nero in contanti, e, purtroppo, anche sindacalisti rimproverarli “c’è la crisi, stai zitto e lavora”. Di fatto, mancano i controlli. Il problema è anche che questa enorme disponibilità di denaro può permettere a qualcuno di comprarsi la gente giusta.
E la manodopera immigrata è ricattabile, sono lavoratori pronti ad accettare e a firmare di tutto».Dell’opinione che il fenomeno esista anche la Fit Cisl lodigiana: «È un problema complesso - commenta a caldo il segretario provinciale Giuseppe Tornuscuiolo - e proprio per questo mi riservo un futuro ragionamento più articolato».Come dicono da tempo alla Direzione nazionale antimafia, questo è il grande crimine del nord, che maneggia sempre più soldi e sempre meno pistole. Ma, quando servono, saltano fuori anche quelle.
16 marzo 2011
Carlo Catena
Osservatorio sul Lodigiano
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16 marzo 2011
Carlo Catena
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