Ridurre il numero e rivedere il ruolo dei contratti nazionali – saranno più leggeri e meno prescrittivi – per «favorire la contrattazione di secondo livello». Aumentare «l'adattabilità delle norme contrattuali alle singole realtà settoriali e di lavoro» e rafforzare «l'esigibilità degli accordi», con l'esclusione delle materie non disponibili alla contrattazione. Sperimentare forme di partecipazione per via pattizia e contrattuale.
Sono i capisaldi della proposta della Cgil sulla riforma del modello contrattuale, contenuta in un documento che è oggetto del confronto interno in vista del direttivo del 10 e 11 maggio, convocato per approvare il testo e avviare il dialogo con gli altri sindacati. La leader Susanna Camusso guarda al dopo sciopero del 6 maggio rilanciando sul fronte propositivo per riavviare il confronto con Cisl e Uil che hanno accolto con freddezza la sua proposta sulla rappresentanza. Per Camusso i due temi sono legati, tanto è vero che anche nel nuovo modello contrattuale per scongiurare la pratica degli accordi separati si prevede la certificazione del grado di rappresentatività dei sindacati che firmano, il rafforzamento delle verifiche di mandato negoziale prima della firma, la garanzia della validità erga omnes attraverso il voto certificato dei lavoratori. Il modello contrattuale unico potrà essere definito per via pattizia dalle parti sociali, così come il sistema di regole sulla rappresentanza che divenga oggetto di legge.
Viene accolto il principio della durata triennale dei contratti nazionali e decentrati introdotta dall'attuale modello contrattuale che la Cgil non ha firmato, così come l'estensione del peso della contrattazione di secondo livello. Compito del contratto nazionale è «estendere le tutele a tutti i lavoratori», garantire «il mantenimento nel tempo il valore reale dei livelli retributivi», definire «una griglia generale di strumenti per l'organizzazione del lavoro», aggiornare le classificazioni professionali, stabilire gli orari massimi da contrattare nei luoghi di lavoro. Anche l'individuazione e l'inquadramento delle figure professionali sono demandati alla contrattazione decentrata che ha lo scopo di aumentare la produttività e la redditività e di redistribuire il reddito. Il documento che potrebbe subire modifiche importanti sottolinea la conclusione unitaria di 83 su 89 contratti nel privato, che «hanno rafforzato la bilateralità non sostitutiva dell'intervento pubblico», senza prevedere sanzioni individuali o collettive.
Il testo è fortemente criticato dalla sinistra radicale interna: Giorgio Cremaschi lo considera un «grave cedimento a Confindustria, Cisl e Uil». Sempre Cremaschi plaude per lo strappo che arriva da Bologna dove la Cgil festeggerà da sola il 1° maggio proponendo di estendere questa soluzione in tutta Italia. Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, considera la notizia «un sintomo delle divisioni del Paese», per il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni è una «decisione estremista» che non compromette la manifestazione nazionale unitaria di Marsala. La scelta unitaria è confermata dalla Cgil che aggiunge «manifesteremo insieme laddove esistono le condizioni».
8 aprile 2011
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