03 aprile 2011

POPOLARE DI SPOLETO, IL FUTURO APPESO AD UN'OPZIONE «PUT»


Un'opzione
put potrebbe teoricamente porre le condizioni per un'uscita di MPS dall'istituto spoletino con lauto compenso o il ribaltone che porterebbe la banca senese ad assumere il controllo di BPS

In realtà nessuno dei due contendenti ha l'energia per andare ad una resa dei conti

Una vecchia opzione «put» spaventa la Popolare di Spoleto. Stretta tra il pressing di Bankitalia, con cui l'ex presidente Giovannino Antonini ha ingaggiato un duro braccio di ferro, e l'affondo della Procura che ha aperto un'inchiesta proprio sulla relazione stilata dagli uomini di Mario Draghi, la banca umbra potrebbe addirittura vedere l'azionista di maggioranza, la Spoleto Credito&Servizi (Scs, titolare di un 51%), perdere il controllo a favore del socio di minoranza Mps (26%): colpa, appunto, di una «put», un contratto in base al quale o la Scs liquida il partner toscano, oppure è la stessa Mps a rilevare la quota di maggioranza della popolare.

Una clausola decennale, dal 1998 nascosta tra le pieghe del patto di sindacato siglato col Monte dei Paschi di Siena, rischia di scatenare un terremoto nella banca, ribaltando l'assetto azionario. Per Mps, un'occasione ghiotta per tentare l'affondo sul partner umbro; per gli spoletini, quella di tornare del tutto autonomi (proprio Antonini, prima di dimettersi dietro il diktat di Bankitalia, aveva denunciato la scalata sulla banca). Ma nessuno dei due soci, a quanto pare di capire, ha oggi le forze per spiazzare l'avversario e conquistare la banca.

Il caso non è nuovo: il patto parasociale tra le due banche esiste da tantissimi anni, la prima stipula risale addirittura al 1998, ma è stato rinnovato esattamente un anno fa. L'accordo fissa quattro parametri (tutti indicatori contabili di bilancio) per l'esercizio della put: se almeno tre vengono sforati, scatta l'opzione. E la verifica dei "covenants" sarà fatta proprio sul bilancio 2010. Almeno un parametro, quello del Roe, risulta (in base all'ultima trimestrale) non in linea mentre un secondo sarebbe in bilico: per i più pessimisti la put sarebbe dunque solo questione di tempo. Dovesse scattare il diritto a vendere per Mps (e l'obbligo per la Scs di comprare), il prezzo, prefissato, sarebbe intorno ai 120 milioni. Un costo assolutamente fuori dalla portata della Scs, che vanta solo qualche milione di liquidità.

A quel punto, come previsto dai patti, scatterebbe il ribaltone: il controllo della Bps passerebbe al Monte Paschi. A Siena e a Spoleto, però, nessuno si preoccupa più tanto. Né Mps, nè la Scs hanno molta voglia di sobbarcarsi le conseguenze di quella put: la cooperativa perché non ha i soldi, la banca toscana perché non ha alcuna intenzione di farsi carico delle vicende spoletine. Anzi, di fronte a un'offerta invitante, non dispiacerebbe uscire e monetizzare (viste anche le esigenze di rafforzamento patrimoniale con Basilea 3 alle porte). Rimane così «ingessata» la put che vale il controllo della popolare di Spoleto.


3 aprile 2011

Simone Filippetti

Il Sole 24 Ore


.

Nessun commento: