15 aprile 2011

LE COOP IN CAMPO PER LA CORDATA NAZIONALE SU PARMALAT

Luigi Marino, presidente di Confcooperative: «Siamo pronti a mettere in gioco anche il controllo di Granarolo»

«Se il gruppo di Collecchio finisse del tutto in mani straniere, i Consumatori e i produttori italiani di latte rischiano di essere penalizzati»

FIRENZE. Sulla vicenda Parmalat, il fronte cooperativo è compatto e si prepara a portare al tavolo delle trattative un progetto industriale e finanziario concreto. «Siamo pronti a mettere in gioco anche il controllo di Granarolo», dice Luigi Marino, presidente di Confcooperative. «Mai stata alcuna spaccatura al nostro interno», puntualizza Giuliano Poletti, leader di Legacoop.

Le due maggiori centrali cooperative del paese esprimono la rappresentanza delle imprese che controllano GranLatte, la holding a cui fa capo l'80% di Granarolo, l'azienda industriale emiliana che lavora latte italiano (la maggior parte conferito dal versante Confcooperative), guidata da Giampiero Calzolari (il management è tradizionalmente espressione di Legacoop), candidata a un'integrazione produttiva con Parmalat in alternativa ai francesi di Lactalis.

I cooperatori italiani vogliono difendere l'interesse nazionale. «Se il gruppo di Collecchio finisse del tutto in mani straniere, i Consumatori e i produttori italiani di latte rischiano di essere penalizzati – spiega Marino –. Noi però siamo convinti che sia possibile costruire un progetto alternativo intorno a una newco che aggreghi gli asset industriali di Parmalat e Granarolo, con l'obiettivo di realizzare un grande polo nazionale nel settore, in grado di competere a livello internazionale e di assicurare un futuro ai nostri allevatori».

Confcooperative e Legacoop non prendono in esame ipotesi diverse e non guardano in altre direzioni. «La questione del semplice assetto proprietario di Parmalat dal nostro punto di vista ha scarsa rilevanza – aggiunge Marino –. Il tema centrale riguarda il disegno industriale, la finalità produttiva e la salvaguardia del valore strategico di questo comparto che non deve fare la stessa fine del settore saccarifero, quasi interamente smontato come capacità manifatturiera e abbandonato sul fronte della bieticoltura, a tutto vantaggio degli altri produttori europei. È in gioco l'interesse nazionale e bene ha fatto il ministro Tremonti a muoversi per tutelarlo – continua il numero uno di Confcooperative –. In questa ottica, non siamo disponibili a regalare Granarolo a qualcuno, ma siamo aperti a un confronto che possa anche metterne in gioco gli assetti proprietari, a patto che ne valga la pena, e cioè che sia chiaro il ruolo del nuovo gruppo, la cui missione non può che essere quella di acquistare il latte dagli allevatori italiani».

Anche per Giorgio Bertinelli, vice presidente di Legacoop, «l'operazione Parmalat diventa strategica per il mondo cooperativo solo se riesce a garantire i produttori e i consumatori nazionali». La prospettiva di un partner straniero non piace: «Noi ci muoviamo nell'interesse della collettività, non per fare profitti», dice Marino. Che aggiunge: «La verità è che ci manca un interlocutore con cui confrontarci. Ma i tempi sono stretti – puntualizza – e il quadro dovrà cominciare a chiarirsi al più tardi dopo Pasqua».

Dalle cooperative, pronte a portare in dote l'asset Granarolo, arriva dunque un implicito appello alle banche e un esplicito richiamo all'amministratore delegato del gruppo di Collecchio. «La cosa singolare – sottolinea Poletti – è che, in questa situazione, di Parmalat parlo più io che Enrico Bondi».


15 aprile 2011

Cesare Peruzzi

Il Sole 24 Ore


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