Un bel colpo all'arroganza di Renzi, giovane portatore del vecchio che avanza
I lavoratori fiorentini meritano rispetto, non un sindacuccio che fa battaglie per la confindustria
I lavoratori fiorentini meritano rispetto, non un sindacuccio che fa battaglie per la confindustria
Il 1° Maggio, come il Natale, saranno festività certe, con tutti i negozi chiusi. La giunta regionale sta finendo di lavorare a una proposta di legge per farle diventare inderogabili, impossibile da toccare anche attraverso la concertazione.
La valenza del Primo Maggio ha per i lavoratori lo stesso significato del Natale per i Cristiani.
La valenza del Primo Maggio ha per i lavoratori lo stesso significato del Natale per i Cristiani.
La proposta di legge della Regione: negozi chiusi almeno in quei festivi. Mesi fa al presidente Rossi era stata presentata una richiesta sottoscritta da 50mila tra commesse, commessi e cittadini.
Natale e 1° Maggio saranno festività certe, con tutti i negozi chiusi. La giunta regionale sta finendo di lavorare a una proposta di legge per farle diventare inderogabili, impossibile da toccare anche attraverso la concertazione. Intanto i sindacati ribadiscono lo sciopero del commercio il 1° Maggio a Firenze, con manifestazione da piazza Santa Croce a piazza della Repubblica alle 10.
Storia antica e non per questo meno attuale, che ricorda a tutti noi come nel 1889 il Congresso costitutivo della Seconda Internazionale, a Parigi, decise di fare del Primo Maggio la data in cui i lavoratori di tutti i paesi avrebbero manifestato le loro ragioni per ridurre la giornata lavorativa a otto ore. Così il Primo Maggio si affermò come giorno di mobilitazione e di lotta, ma anche di festa da dedicare al riposo e al divertimento: una festa "ribelle". Al tempo dei sintetici o prolissi messaggi di Facebook tutto ciò può apparire sbiadito e superato. Ma la storia, le tradizioni, le culture, i valori positivi costituiscono il pilastro di qualsiasi comunità, il collante condiviso. Roba da politica seria che mal si concilia con il tritatutto della comunicazione ad effetto. È quel che è successo a Firenze: da una parte il nuovo, il terzo millennio, dall'altra i conservatori, il vecchio, qualcosa o qualcuno non più in linea con l'evoluzione del mondo.
Esiste una Legge Regionale sul commercio per cui tutti i Comuni dispongono di un livello di concertazione che, in 120 giorni, impegna istituzioni, associazioni datoriali, dei consumatori, e sindacati a individuare il numero delle aperture domenicali e festive per tutto l'anno. In molti Comuni dell'area fiorentina si sono conclusi accordi programmando 22 o 23 aperture. La Legge Regionale permette poi ai negozi dei centri storici di derogare sulle date considerate inderogabili (otto in totale: Capodanno, Pasqua, Lunedì dell'Angelo, 25 Aprile, Primo Maggio, Ferragosto, Natale e Santo Stefano). A Firenze si trova l'intesa per le aperture fuori dal Centro Storico, 23 in tutto, ma non si trova sul centro della città. Cosa chiedeva il sindacato? La salvaguardia di almeno 5 delle 8 date "inderogabili": Capodanno, 25 aprile, Primo Maggio, Natale e Santo Stefano poiché Firenze, per vocazione turistica, può già contare sull'apertura di 52 domeniche su 52 in un anno.
L'accordo non si è raggiunto e il Comune di Firenze ha emesso un'ordinanza che consente la facoltà delle aperture per un totale di 362 giorni all'anno su 365, con la sola esclusione del Capodanno, Natale e Santo Stefano. Ciascuno comprenderà al volo cosa manca. Soprattutto comprenderà al volo che Firenze è sempre aperta, 362 giorni all'anno. Quest'anno inoltre è programmata anche un'intensa "Notte Bianca" per il 30 aprile, che si concluderà alle ore sei del Primo Maggio. Una ragione in più per una meritata giornata di festa. Rimane allora la questione delle domeniche e dei festivi che meriterebbe un po' più di concertazione per un fattivo tavolo di trattativa, su cui la spinta dell'Amministrazione sarebbe di grande aiuto. Ma qui siamo appunto alle volontà politiche per valutare e mediare interessi diversi nel rispetto reciproco delle rispettive rappresentanze. In tal caso sarebbe evidente la volontà dei sindacati: la ripresa del settore del commercio, lo sviluppo del turismo e la tutela salariale e normativa delle lavoratrici e dei lavoratori del settore.
L'autore è segretario metropolitano Cgil.
28 aprile 2011
Ilaria Ciuti
La Repubblica
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