Il libro ha come tema portante le grandi contraddizioni di tante cooperative sociali, che poco ormai hanno a che vedere con i principi della cooperazione, ma sempre più frequentemente coinvolte in vicende di sfruttamento, soprusi e legami torbidi, come dimostrano recenti fatti di cronaca
Un licenziamento è un evento terribile per la vita e la dignità di una persona ma esso è ancora più criminoso e criminogeno se a metterlo in atto è una cooperativa sociale nei confronti di un proprio socio-lavoratore dopo 15 anni di pregevole servizio. Si tratta di un'altra dolorosa storia di perdita del lavoro che ha come teatro sempre la Toscana e che è stata raccontata in un romanzo uscito da poco nelle librerie italiane.
In questo singolare licenziamento la "vittima" non reagisce impugnando una pistola e sparando ma decide di impugnare coraggiosamente una penna per denunciare gli aspetti "malati" di una cooperativa sociale di tipo B e del consorzio di cui la stessa coop fa parte. Appalti di comodo e finanziamenti locali ed europei che arricchiscono sempre di più i vertici della cooperativa e del consorzio. Un meccanismo delinquenziale di esercizio del potere e dell'intimidazione in deroga ai principi di trasparenza e democrazia pur sanciti a chiare lettere dai codici etici delle Centrali Cooperative. Atteggiamenti tipici da boss con regole e principi da "case circondariali" sono quelli che inchiodano i soci lavoratori laureati alla stagnazione negli incarichi più gravosi con salari da fame, mentre nel gruppo dirigente, composto prevalentemente da persone "miracolate" e di bassa cultura, circolano "stipendi d'oro" conditi dei più svariati incentivi, buoni benzina, polizze assicurative agevolate e trasferte in sfavillanti alberghi. Una cooperativa sociale e un Consorzio che tradiscono se stessi quando i presidenti e i loro portaborse interpretano le proprie prerogative come facoltà spietata di premiare, mobbizzare o licenziare. Un trattamento vessatorio di esclusione riservato a coloro che, all'interno dell'organizzazione no profit, rappresentano, per la loro cultura, eticità e identità innovativa, una minaccia agli assetti gerarchici consolidati da decenni d'immobilismo e di mancato ricambio nella rappresentanza aziendale.
In questo sfondo sopra descritto si inseriscono i personaggi del romanzo "Dolls", giocattoli senza fini di lucro, scritto da Luca Nardini edito da Albatros. Un contesto cooperativo che vede tra i soci una percentuale di persone svantaggiate, ex tossicodipendenti, ex alcolisti, dove ruotano ambigue figure di soci volontari. Fanno vibrare e suscitano emozione personaggi come Giorgio, il protagonista che viene licenziato, come Donatella, sua collega che diviene anche amante. Stupendo anche il quadro dipinto del gatto Fedro, dei luoghi e storie d'infanzia e del rapporto con gli allievi adolescenti dei corsi di formazione professionale gestiti dalla cooperativa.
Ci auguriamo che questo romanzo sia letto dagli operatori sociali in tutto il paese, anzitutto perché è il primo libro di narrativa ben scritto sul mondo delle cooperative sociali, e poi perchè la diffusione di "Dolls" è una forma concreta di sostegno alla difficile lotta di un socio lavoratore che è stato licenziato. "Dolls" merita di arrivare al cuore delle istituzioni locali, in primis della Regione Toscana e dei suoi Comuni, anzitutto come stimolo per intervenire su un licenziamento ingiusto consumato meno di un anno fa all'interno di una cooperativa sociale di tipo B finanziata dalla stessa Regione. Ci auguriamo anche che "Dolls" sia stimolo di riflessione culturale su certe deformazioni del no profit, su certe perverse dinamiche interne, evidentemente mal controllate dalle Centrali e dagli enti appaltanti. Infatti, collusioni partitiche e sindacali, alimentate da appalti e voti di scambio, producono a volte ingiustizie e sofferenze grazie a presidenti e amministratori, spesso in carica continuativa da quindici o venti anni, che hanno costruito una "mission" e una "vision" aziendale strettamente personalizzata.
30 Luglio 2010
1 commento:
Sul caso del magazzino Conad c è chi fa finta di non capire.
il Tirreno — 12 agosto 2010 pagina 08 sezione: EMPOLI
Da sindacalista sto seguendo con preoccupazione la vicenda dei circa 280 lavoratori del magazzino Conad di Montopoli. Intervengo nella polemica tra la Cgil da una parte e Cisl e Uil dall’altra, da persona estranea ai fatti dal momento che la categoria della Uil che segue questi lavoratori ha la piena titolarità delle proprie scelte. La vicenda è uno spunto per riflettere su alcune affermazioni di sindacalisti che, per chi pratica il mondo delle cooperative, incutono perplessità, sconcerto e molta amarezza. In particolare, la dichiarazione rilasciata dal segretario generale della Cgil di Pisa, a una televisione locale, nella quale si paventa una certa collusione di Cisl e Uil con Alma Group, la cooperativa al centro della polemica. Ad alimentare la polemica si stanno inserendo, incautamente, certi amministratori che non hanno capito o fanno finta di non capire che il vero problema del magazzino di Montopoli s’inserisce in un contesto più ampio. Il mondo delle cooperative, specialmente in certi settori, è il lontano parente di chi, nella cooperazione, intravedeva un obiettivo sociale e umano di filiera produttiva, per dare il giusto risalto al valore del lavoro. Oggi, invece, sempre più spesso spesso, si creano cooperative per sfruttare meglio certe opportunità sia dirette che indirette nei confronti dei dipendenti e dei soci stessi. Molte cooperative cercano rapporti con il sindacato e la stessa politica per ottenere dei risultati che altrimenti sarebbe complicato raggiungere. E, nella fattispecie, credo sia abbastanza palese a tutti il fatto che «per fare un lauto pranzo s’indica sempre la gallina più grossa». Se qualcuno esce dalla norma, allora scoppia il finimondo e quello che andava bene ieri, o va bene per altre cooperative non va più bene e, come alla Conad, succede il finimondo. Il mio invito è di abbassare tutti i toni e di pensare non solo ai circa 280 del magazzino Conad, ma a tutti quei lavoratori di cooperative, di comodo, i soli a dover essere “incazzati” di questo pericoloso sistema che ricade inevitabilmente su di loro. Per finire due parole alla sindaco di Montopoli Valdarno a cui vorrei poter rispondere con il linguaggio che ha usato nei confronti della Uil, il mio sindacato. Non lo faccio perché ho rispetto per la fascia tricolore che indossa ma la prego, smetta di sognare. Oggi non servono i partigiani, ma persone imparziali capaci di governare democraticamente e con trasparenza.
Marcello Casati Segretario provinciale Uilm
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